Lettera dalla Colombia

Cari amici che mi seguite dall’Italia,

son già più di tre mesi che sono tornato in Colombia, dopo i  mesi passati in Italia alla fine dell’anno passato.

Sono tornato nella stessa casa e nello stesso quartiere dove avevo vissuto negli ultimi anni.

Ho ritrovato una Colombia dove si vivono forti tensioni a livello politico perché il presidente Duque, che è stato eletto l’anno scorso e che è del partito che in questi anni aveva lottato contro il processo di pace  con le FARC (che il governo anteriore era riuscito a firmare), sta cercando di fare passare delle leggi che rimettano in discussione vari degli accordi firmati, rischiando di spingere così gli ex-gherriglieri ad avere voglia di riorganizzarsi sui monti.

In questi ultimi giorni c’è stata una buona notizia perché alcuni dei partiti che stavano appoggiando il governo del presidente, hanno preso le distanze dalle sue proposte e sembra che così per ora gli accordi di pace sono  salvi.

Questo non significa però che il paese stia vivendo  una situazione di tranquillità perché in molti degli spazi che le FARC occupavano prima, si stanno mettendo altri gruppi armati che hanno così ereditato da loro la produzione di coca, il loro commercio per l’esportazione e tutte le conseguenze di violenza che il controllo del commercio di droga comporta.

Inoltre tutti coloro che non sono d’accordo con il processo di pace messo in atto negli anni scorsi, stanno organizzando l’omicidio di centinaia di leaders sociali (spesso all’ombra del beneplacito negato ma molto probabile) del governo e degli altri agenti armati che sono vicini alle destre ed al presidente).

Siamo prossimi alla celebrazione della Settimana Santa e, al leggere le letture che raccontano l ‘arresto e la crocifissione di Gesù, nasce spontaneo l’accostamento con la realtà di tutte quelle donne e uomini che stanno dando la vita perché il popolo di cui sono leaders tenga vita.

Come Gesù, leader sociale della sua terra, aveva dato fastidio ai grandi ed ai potenti del suo tempo finché decisero di chiudergli la bocca inchiodandolo ad una croce, così questi uomini e donne radicate nelle lotte per la giustizia in Colombia, stanno pagando con la vita la loro sete di una vita più degna per tutti.

Il nostro quartiere in questi tempi é abbastanza tranquillo, rispetto a situazioni di grande violenza vissute in anni scorsi: continua la vendita di molta droga ma questo non sta affettando maggiormente  la vita dei vicini.

Al tornare qui, si sono date varie novità nel campo ecclesiale: è cambiato il mio parroco che ha voluto andar via perché non gli piaceva questo quartiere troppo povero e violento per i suoi gusti: ha raccontato al Vescovo che l”avevano assaltato per strada (cosa che la gente del quartiere non crede) ed é riuscito a farsi spostare in un luogo meno povero e meno violento, dopo solo un anno che era qui.

Novità anche nel nostro equipe pastorale: le due suore sono state spostate dalle superiore e sono giunte due nuove con me e con la laica Marisol che siamo rimasti qui: una delle due suore è nera, cosa che può essere molto utile per il nostro lavoro coi neri.

Nel campo pastorale quest’anno siamo partiti con tre gruppetti di catechesi per bambini neri e in vista di ciò siamo riusciti a involucrare 5 persone nere come catechisti e due bianche che hanno voglia di camminare con i neri.

Con tutti loro abbiamo iniziato una scuoletta di catechesi afro perché imparino ad inserire nella catechesi con i bambini e gli adolescenti elementi della storia, della cultura, delle tradizioni, della ricchezze della civiltà nera.

 Già 150 anni fa diceva Comboni, il nostro fondatore, che il popolo nero é portatore di una perla, di un tesoro di cui é importante che sia cosciente perché possa arricchire gli altri popoli con le ricchezze che tiene dentro.

Domenica scorsa i neri del quartiere hanno animato la Messa della parrocchia e tutti gli altri sono rimasti stupefatti dalla bellezza e allegria dei loro canti, dai loro ritmi, dalla loro gioia di celebrare, dalle loro danze…..

La settimana prossima verranno a vivere con il nostro equipe una decina di giovani a cui proporremo un tempo di vita comunitaria, di spiritualità, di servizio missionario in un quartiere marginato. 

Con loro ci chiederemo cosa vuol dire celebrare un Gesù che  é assassinato, in un quartiere ed in un paese dove molta gente corre la stessa sorte.

Ma soprattutto cercheremo di chiederci cosa significa per tutti noi credere in Colui che , dopo aver dato la vita, risorge e cosa può significare celebrarlo la dove tante volte sembra che tutto lo stia negando.

Che il Risorto aiuti anche tutti voi ad uno sguardo che illumini la realtà che vi circonda,  a rinnovare dentro di voi la speranza che un mondo nuovo è a fare propria la causa degli esclusi ed a compiere,  insieme a tanti altri, gesti di solidarietà e di fraternità che facciano che il sogno del Risorto illumini molta gente e faccia venir voglia anche a loro di alzarsi in piedi e mettersi in questo  cammino.

Buona Pasqua

Franco

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