Per non perdere la ricchezza del Vangelo di oggi:
due percorsi
Primo percorso:
Parola, discepolato, Verità, Libertà
“Se rimanete nella mia parola,
siete davvero miei discepoli;
32 conoscerete la verità
e la verità vi farà liberi”.
Ne abbiamo parlato nella catechesi domenicale di gennaio;
rimando a quanto detto allora.
Secondo percorso:
peccato: tenebre, menzogna, schiavitù, morte
Un commento al vangelo del Card. Martini mi sembra che ci possa aiutare
Peccato:
”Che cosa è il « peccato? . Diciamo che è l’atteggiamento sbagliato fondamentale. L’evangelista Giovanni sa bene che ci sono diversi e molteplici atteggiamenti sbagliati.
Tuttavia, per lui una cosa conta, come spiega in 16, 8-9: « Convincerà il mondo di peccato …; di peccato infatti, perché non credono in me ». Quindi il peccato fondamentale per Giovanni è non accettare il Figlio di Dio fra noí, con tutte le conseguenze che ciò comporta.
Le tenebre.
Che cosa sono – per Giovanni, queste tenebre?
Semplicemente il buio, cioè l’assenza di luce: quella situazione in cui si cammina malamente e inciampando. L’immagine è quella di qualcuno che va per una strada, e nel buio; non sa dove mettere i piedi, li mette male, inciampa … Se volessimo tradurre queste tenebre in linguaggio nostro, potremmo forse parlare di disorientamento interiore, che è quello stato di disordine, per cui non si sa dove si deve andare e come.
E tale disorientamento interiore, quando non è semplicemente sofferto con il desiderio di uscirne, bensì è assunto come sistema di vita, fa sì che ci si lasci trascinare dagli impulsi più immediati e dalle situazioni empiriche, senza mai affrontare il vero perché delle cose. Con «tenebre», dunque, Giovanni intende quel camminare a casaccio e male, che è tipico di chi non ha un punto di riferimento.
Ora egli ci dice: il non riconoscere Gesù, fatto uomo fra noi, come il senso ultimo della realtà che dà valore a ogni cosa, fa sì che ci si trovi nelle tenebre, senza punti di riferimento. Allora si procede a casaccio, a tentoni, con continue oscillazioni da un estremo all’altro, senza mai sapere bene che cosa si fa e perché lo si fa, con tutte le conseguenze disastrose di questo disorientamento che si riassumono in quel « disordine delle operazioni », di cui parla Ignazio nel colloquio indicato (ES, n. 63).
Quando manca questo orientamento interiore, subentra l’inerzia, oppure un’attività molteplice, che però copre una vera inerzia per le cose essenziali, perché non si sa più distinguere ciò che vale da ciò che non vale, e allora tutte le cose si equivalgono. In questo caso l’affannosa molteplicità delle azioni equivale in fondo all’inerzia, al non fare nulla, alla pigrizia, perché tutti e due i comportamenti sono causati da un identico disorientamento.
La menzogna. (gv 8, 44 e 8, 55).
Come tradurre anche qui, o almeno come cercare di tradurre?
Chi è nelle tenebre, chi è nel disorientamento e non sa ammetterlo (cioè accetta che in fondo tutte le cose un po’ si equivalgano, e non ci sia vera distinzione tra ciò che è più importante e ciò che lo è meno), allora odia la luce e la sua vita diventa inautentica: è questa l’esistenza inautentica di chi non si è messo veramente di fronte alle ultime vere responsabilità, e allora sfugge ad esse ricorrendo a pseudo-doveri o a diritti, di cui si pasce di giorno in giorno. In quanto vita inautentica, essa è anche una vita rosa dall’invidia per chi invece questa autenticità sembra averla. Qui tocchiamo il fondo della meditazione di 8, 44: il demonio è « uccisore di uomini », e questo per invidia e nella menzogna.
La schiavitù.
Giovanni non ne parla molto, ma ne parla nello stesso contesto di 8, 33.34-35. Potete rendervi conto di come i termini siano tutti collegati, se prendete come punto di riferimento 8, 34: « Chi fa il peccato è schiavo del peccato ». Chi non si apre all’esistenza autentica, è schiavo di tutte le contingenze quotidiane. E se esaminiamo la nostra giornata, soprattutto chi è impegnato nella vita attiva, credo che non sfuggiremo all’impressione di essere un po’ schiavi delle cose: non soltanto schiavi delle passioni (questo può esserci o può non esserci in maniera palese), ma schiavi delle incombenze, degli orari, delle scadenze, delle urgenze, delle pressioni, del telefono, senza che alla fine si sappia bene, tra tante cose, che cosa si sta facendo e perché.
Sappiamo ciò che urge e ciò che gli altri si aspettano da noi, ma non riflettiamo mai se tutto ciò sia importante; oppure se ci sia qualcosa di più importante da fare, che magari nessuno fa.
Questa è la confusione (« disordine delle operazioni » la chiama Ignazio) che spesso rode la nostra esistenza quotidiana e rende faticosissima la nostra giornata, proprio perchè essa manca di autenticità. Quando poi questa schiavitù si allarga (come succede comunemente a ciascuno di noi) in schiavitù rispetto ad elementi esteriori spesso occulti, come la pubblica opinione, le idee correnti, le antipatie o le simpatie, i modi di dire, gli slogans verbali, allora ci accorgiamo quanto la mancanza di punti di riferimento autentici ci renda dei veri e propri burattini, dipendenti da mille cose incontrollabili, le quali però di fatto regolano tutta la nostra esistenza, dandole un certo ritmo faticoso e snervante: in realtà con poco merito, in quanto faticoso e snervante non per ragioni validamente accettate, per ideali ai quali ci sacrifichiamo, ma per una serie di ingranaggi in cui siamo dentro e di cui non riusciamo spesso a motivare il funzionamento.
La morte.
Troviamo tre punti iferimento in 8, 24, poi in 8, 21 e 8, 51-52, e infine in 5, 24.
Qual è lo stato di morte? È lo stato di chi, non ascoltando la parola di Gesù e non regolando la sua vita secondo la presenza del Verbo incarnato fra noi, vive un’esistenza inautentica, schiava, divisa in se stessa. Che cosa ci fa passare da morte a vita?
L’ascolto con fede della parola di Gesù. Quindi Giovanni sembra dire di nuovo, radicalizzando il discorso: in quanto la parola di Gesù non è l’anima della nostra vita, siamo nelle tenebre, nella menzogna, nella schiavitù, nella morte.
È la parola di Gesù, essa sola, che ci libera da questa situazione. Non possiamo liberarci da noi, perché se tentiamo di farlo con uno sforzo nostro, ricadiamo in una forma nuova di inautenticità, che è ancora tenebra, menzogna, schiavitù e morte.