CROCIFISSIONI a CONFRONTO
L’estrema complessità teologica dello “scandalo della Croce” impone profonde riflessioni
ad ogni artista che voglia affrontare la rappresentazione del Cristo crocifisso,
Dio fatto uomo che muore tanto drammaticamente e dolorosamente
Filippo Brunelleschi
Filippo Brunelleschi,
nella chiesa domenicana
di Santa Maria Novella a Firenze,
rappresenta un Crocifisso di proporzioni quasi ideali, applicando una categoria filosofica classica
che vuole la forma significativa
della natura del soggetto.
E poiché da secoli la teologia, certamente raccomandata dai Domenicani al Brunelleschi, insegna come in Cristo coesistano la natura divina
e la natura umana, Brunelleschi fornisce
una interpretazione intellettuale,
quasi idealizzata delle forme dell’Uomo crocifisso.
Masaccio
A pochi metri dalla scultura lignea del Brunelleschi,
Masaccio dipingeva negli stessi anni “La Trinità”
altra rappresentazione di Gesù crocifisso,
che qui diventa asse dello spazio compositivo e del tempo della narrazione,
in ossequio al clima culturale di antropocentrismo dell’epoca,
nel quale Cristo rappresentava
l’Uomo per eccellenza, il fulcro dell’intera umanità.
Donatello
Nel primo decennio del ‘400
Donatello scolpiva
per la chiesa francescana
di Santa Croce a Firenze
il suo crocifisso ligneo, che l’amico Brunelleschi stronca con un commento molto toscano.
“Hai messo in croce un contadino”.
Popolano come estrazione sociale, Donatello è attratto dagli aspetti più emotivi, drammatici e quotidiani della realtà, e coglie nel suo Crocifisso il dolore, da passione, la verosimiglianza dell’evento.
L’atteggiamento dell’Uomo in croce sembra quasi ricordare quel che Pierangelo Sequeri fa dire a Gesù: “Se proprio ci deve essere un crocifisso in nome dei diritti di Dio, in nome della Giustizia di Dio, in nome del bisogno che Dio ha di purificazione, questo sarò io, e io soltanto” ( – Cattedra dei non credenti – 1992 -) Rusconi)
Donatello interpreterà ancora
il tema della Crocifissione parecchi anni dopo, quando nel 1446 lavorerà all’altare del Santo, nella basilica di Sant’Antonio a Padova.
La scelta del bronzo quale materiale espressivo è tipica del carattere di Donatello: il bronzo si presta a contrasti cromatici netti, ad un’emotività nella lettura dell’immagine, a cambiamenti di effetti secondo i punti di vista e le condizioni di luce.
Cristo ha una dignità “antica”
da combattente, da vittima sacrificale:
certo l’ambiente dotto di Padova suggerisce a Donatello questa nobiltà di interpretazione del soggetto.
L’atteggiamento di Cristo è però di accettazione.
Tornano alla mente le parole del Cardinale Martini, che nella sua “Cattedra dei non credenti” analizzando le forme della fede scrive:
” Figura della fede che si affida è anzitutto Gesù:
‘ Nelle tue mani, Padre, affido il mio spirito’.
Si discute tra esegeti e teologi se si possa chiamare fede quella di Gesù.
Comunque è un affidarsi, è radice e modello di ogni nostro affidarsi”.