Cos’è la liturgia. Frammenti di riflessione
Riflessioni
Cos’è la liturgia
Insieme di gesti e parole che ci rendono partecipi del “mistero” della realtà di Dio.
Gesti e parole che necessariamente si fanno “simboli”.
Nb. Il simbolo è più del segno. (testo 1)
Condizioni per una liturgia
Occorre un insieme di simboli
Capace di “dire” il Mistero
Che parli a noi, oggi. (Testo 2)
I problemi della Liturgia
1. E’ cambiato il sistema dei simboli
(Si spiega così la riforma del Concilio)
2. Come dire che indietro non si può tornare
(Latino, gregoriano ecc.)
3. Se il prima va cambiato non è detto che il dopo sia già pronto
(Vedi canti)
4. Occorre costruire un nuovo “sistema di simboli”
Ma (ohimè!, si fa per dire)
5. Caratteristica di oggi è proprio la frammentazione
CHE FARE?
1. Ringraziare il Signore per il tempo che ci dà da vivere
2. Considerare sciocchi i rimpianti del “sistema” passato
Considerare sciocca l’equazione Novità = valore
3. Porre la “lectio” al primo posto (testo 3)
4. Reinventare il nuovo insieme di simboli
(Che comporta inevitabilmente il ricupero della saggezza del passato) (testo 4)
5. Non dimenticar che si tratterà sempre di un “tutto nel frammento”.
(il che non manca di “somiglianza” con le scelte di Gesù)
Testi:
Testo 1: a proposito di una liturgia troppo spesso totalmente priva di incanto.
La liturgia è troppo spesso totalmente priva di incanto; ossessionata da preoccupazioni didattiche e parenetiche, tiranneggiata dagli orari del servizio pubblico e afflitta dalla inerzia del dovere da “soddisfare”; dove troppo spesso atti di parola, gesti, silenzi, ritmi e forme della voce, tempi dello spirito e cadenze del suono, più che “accadere” “cadono” dentro il contenitore-chiesa senza mostrare passo per passo il loro ritmo interiore e la tensione spirituale corrispondente. –
Esiste insomma la questione di una “estetica spirituale” della celebrazione e della preghiera, ben più fondamentale e disattesa, rispetto alla quale la questione degli interventi musicali.
TESTO 2: coordinate di fondo per una buona liturgia
In assenza di un buon rapporto fra
cultura musicale,
cultura teologica,
sensibilità spirituale,
ogni disputa sulla musica della celebrazione e della preghiera è subito sproporzionata. Invece di confronti di largo respiro genera risse di piccolo cabotaggio (al bar della parrocchia, nel salotto buono, persino fra gli “esperti”). I luoghi comuni di una indignazione di maniera sostituiscono la competenza, e la supponenza esonera dall’argomentazione. In un ambito dove già si fa così poco, e dove il buon lavoro potrebbe suscitare promettenti energie per la Chiesa, l’improvvida acidità dei toni immalinconisce gli animi più sensibili e cattura i più sprovveduti nella vischiosità di inconsistenti contrapposizioni. Il servizio musicale nell’ambito ecclesiale (per la liturgia e la catechesi, per l’educazione e la meditazione comune, per la lectio biblica e la preghiera) patisce ormai la mortificazione di sterili nervosismi e di paralizzanti tensioni. Quando lo scoramento non abbia già indotto l’allontanamento delle energie migliori, e la rassegnazione ad insignificanti routines. La polemica impiantata sui luoghi comuni e sull’amor proprio è in effetti sempre sterile. Semina faziosità e demoralizza i giovani (che sono distolti da un impegno serio e promettente).
testo 3: la musica
Nella celebrazione della Parola la musica si è aperta difatto un varco sconosciuto ad altre civiltà. In essa ha preso consapevolezza della sua forma di creatura, sensibile all’impulso operoso del cuore e dell’intelligenza dell’uomo, ed ha occupato con giubilo prima ignoto lo spazio dell’incanto di fronte ad un senso rivelato del mondo: nel quale si ridesta per altro anche l’emozione di una origine in cui era stato affidato ad Adamo il dominio di tutte le cose. Premuta dalla Parola, la musica ha imparato ad esprimere: ma anche ad esprimersi.
Testo 4: b Reinventare il nuovo insieme di simboli?
Se manca la consuetudine al lavoro culturale e spirituale sui testi biblici, sui testi liturgici, sui motivi teologali, sulle caratteristiche specifiche della singola celebrazione, sulla figura complessiva dell’esperienza spirituale che ogni volta la celebrazione deve realizzare, la rete globale dei simboli non genera fermenti e motivi di orientamento capaci di plasmare l’immaginazione musicale in modo non arbitrario e convergente con le “ragioni” della celebrazione medesima. E quindi con la vitalità dei suoi contenuti simbolici. E ovvio che questa tensione spirituale ha da essere anzitutto attenzione propositiva del ministro e dei collaboratori più sensibili (e competenti). In un grembo adatto, molti “ospiti” possono essere, se non educati, indotti ad assimilare il clima spirituale e la profondità teologale della partecipazione richiesta dalla preghiera e dal sacramento. (Sequeri; passim)
Il giubilo
Nella festa di santa Cecilia, patrona dei cantori, sapendo che stasera vi troverete…
- Un augurio con le parole di S. Agostino
Cantate a Lui un cantico nuovo.
Spogliatevi di quanto è in voi vecchio: avete conosciuto il cantico nuovo. Nuovo uomo, Nuovo Testamento, nuovo cantico.
Il cantico nuovo non compete a uomini vecchi: lo apprendono solo gli uomini nuovi, rinnovati dalla vecchiaia per mezzo della grazia, che già appartengono al Nuovo Testamento, che è il Regno dei cieli. Ad esso sospira tutto il nostro amore, e canta il nuovo cantico. Lo canti però non con le labbra, ma con la vita. Cantategli un cantico nuovo: bene cantate a Lui.
Ognuno chiede in qual modo cantare a Dio. Canta a Lui, ma canta bene. Egli non vuole che le sue orecchie siano offese. Canta bene, fratello. Se, al cospetto di un buon intenditore di musica ti viene detto: canta per piacergli, tremi nel cantare, se non hai alcuna preparazione nell’arte della musica, perché non vorresti essere sgradito a quel musico; infatti ciò che in te l’inesperto non nota, l’artista rimprovera. Ebbene chi si fa avanti per cantare bene a Dio, il quale sa giudicare il cantante, sa esaminare tutte le cose e [tutto] udire? Quando puoi offrirgli una così elegante bravura nel canto da non essere in nulla sgradito ad orecchie così perfette? Ecco che Egli quasi intona per te il canto: non cercare le parole, quasi che tu potessi dare forma a un canto per cui Dio si diletti.
Canta nel giubilo.
Che significa giubilare? Intendere senza poter spiegare a parole ciò che con il cuore si canta.
Infatti coloro che cantano, sia mentre mietono, sia mentre vendemmiano, sia quando sono occupati con ardore in qualche altra attività, incominciano per le parole dei canti a esultare di gioia, ma poi, quasi pervasi da tanta letizia da non poterla più esprimere a parole, lascian cadere le sillabe delle parole, e si abbandonano al suono del giubilo. Il giubilo è un certo suono che significa che il cuore vuol dare alla luce ciò che non può essere detto. E a chi conviene questo giubilo se non al Dio ineffabile? Ineffabile è infatti ciò che non può essere detto: e se non puoi dirlo, ma neppure puoi tacerlo, che ti resta se non giubilare, in modo che il cuore si apra a una gioia senza parole, e la gioia si dilati immensamente ben al di là dei limiti delle sillabe? Bene cantate a lui nel giubilo. (Agostino commento al salmo 32, v3)